Oggi sono venti anni che è morto Fabrizio De Andrè, ma il mare non si è fermato, ci si può ancora andare.
Per me tra i suoi tanti capolavori svetta l’album “Crêuza de mä” (crosa, sentiero di mare): è cantato in genovese ma ha una bellezza comune, che sentiamo tutti, perché è un capolavoro di armonizzazione delle voci, dei colori, delle onde e dei profumi del Mediterraneo, il nostro mare, la nostra storia.
E io, italiano, cioè intricato di mille geni e discendenze, ora mi rimetto in cammino e vado ad ascoltare quella voce, quel mareggiare che non si ferma mai, non conosce la morte, e mi aiuta a spiegarmi, a distendermi, a respirare con un sorriso, ad accogliermi.